Il fenomeno della migrazione ha trovato ampio spazio nella letteratura mondiale, molto è stato scritto e detto su questo argomento che probabilmente ha toccato, direttamente o indirettamente, tutti noi. Da segnalare per la sua originalità un piccolo ma significativo libro il cui titolo è “Migrando”, edito nel 2010 da Orecchio Acerbo con il sostegno di Amnesty International. Il testo, certamente insolito e particolare, quasi completamente scritto attraverso le immagini e i disegni dell’autrice Mariana Chiesa Mateos, argentina ma di chiare origini europee ci fa entrare pienamente in contatto con l’universo dei migranti.
È interessante notare anche la scelta del titolo con il verbo migrare coniugato al tempo gerundio che sta a significare un atto in corso di svolgimento che non si è ancora interrotto. Migrare in effetti significa “abbandonare il proprio luogo di origine per stabilirsi altrove” e questo fenomeno appartiene all’umanità passata, presente e futura. L’autrice ha avuto un’altra intuizione geniale, quella cioè di rendere il libro leggibile da entrambi i lati semplicemente capovolgendolo. In effetti il testo a metà sembra interrompersi ma in realtà crea un legame, se vogliamo spirituale, tra la storia delle migrazioni del passato con quella delle migrazioni attuali. I parenti dell’autrice abbandonarono l’Europa per stabilirsi in Argentina fuggendo dalla miseria e dai conflitti che attanagliavano il vecchio continente con la certezza di trovare un mondo migliore nel quale costruire la propria vita. Ora il fenomeno migratorio si è invertito: in Europa i migranti arrivano spinti dalle stesse motivazioni, ma senza le stesse certezze e le stesse opportunità. In entrambi i casi è evidente il dolore per il distacco dalla terra di origine e dai propri legami affettivi che accomuna tutti gli uomini costretti a migrare. Molto eloquenti a questo proposito sono le pagine in cui l’autrice presenta i volti dei migranti; quelli dei suoi antenati chiaramente appartenenti alla stessa cultura, tutti di pelle bianca, che si muovevano con l’intera famiglia e quelli odierni composti da gruppi eterogenei, di diverse provenienze la cui pelle ha tante sfumature differenti.
Molto significativa l’immagine degli uomini che muniti di ali, come gli uccelli, spiccano il volo proprio per migrare, per approdare poi su alberi che possano dare loro un appiglio sicuro su cui costruire il loro futuro. Altrettanto eloquente la rappresentazione relativa ai migranti odierni che si affidano a pericolose traversate dei mari con imbarcazioni insicure e precarie. Abbandonati al loro destino, raggiungono una spiaggia piena di turisti con il successivo arrivo delle forze dell’ordine e di assistenti sanitari che accorrono per dare un primo aiuto. È una vera e propria fotografia che ricalca in pieno ciò che vediamo quotidianamente nelle nostre televisioni o nei giornali; il pensiero corre inevitabilmente agli sbarchi sulle coste italiane dei tanti migranti provenienti dall’Africa o dall’Asia.
In conclusione si tratta di un libro che affascina, incuriosisce, colpisce al cuore il lettore e, anche senza parole ma con la forza delle immagini, fornisce una miriade di spunti di riflessione e un’ampia possibilità di interpretazione sul tema del migrare.
Paolo Parasecoli